Intervista a Luca Zoghaib preparatore dei portieri

25/03/2021
Ciao Luca, le tue capacità tra i pali ti hanno portato a girare l’Italia, raccontaci com’è nata questa tua passione per il ruolo del portiere...
 
Come tanti bambini ho iniziato all’età di 5/6 anni nella squadra del paese, a Pieve Emanuele, e dopo pochi mesi, un po’ per passione e un po’ per conformazione fisica, mi sono ritrovato a fare il portiere e mi sono appassionato subito al ruolo. All’età di 12 anni sono andato a giocare alla Sangiulianese ed è lì che ho conosciuto un allenatore, con cui sono ancora molto legato, che mi ha fatto capire come bisognava lavorare per migliorarsi sotto tanti punti di vista. Mi sono ritrovato così ad allenarmi con ragazzi di 3 anni più grandi, le sedute erano toste ed estenuanti, l’obiettivo era migliorare tecnicamente, ma soprattutto farmi tirare fuori quell’aspetto caratteriale che è peculiare nei portieri. Questa esperienza mi ha fatto iniziare ad amare ancora di più questo sport e il mio ruolo da portiere, e dopo aver vinto il Campionato Allievi con la maglia dell’Enotria sono finito direttamente in Prima Categoria come secondo portiere, giocando la metà delle partite.
 
Hai fatto un bel salto di categoria che sicuramente è costata sacrifici per te e per la tua famiglia. In casa come era vista questa tua carriera in rapida ascesa?
 
Dopo l’esperienza in Prima Categoria, mentre ero in Promozione a San Donato sono stato contattato da una squadra di Serie D, il Derthona (squadria di Tortona - AL), in quella situazione, i miei genitori mi hanno fatto capire quali dovevano essere le mie priorità, ovvero prima la scuola e poi il calcio, una decisione giusta, anche perché sapevo che se avrei continuato così mi sarebbe capitata una nuova grande occasione.
 
Una scelta significativa ed importante per la crescita di un ragazzo. E dopo aver ottenuto il diploma è arrivata una nuova occasione per il salto in Serie D?
 
Certo, ho ricevuto una chiamata da una società del Sud Italia e per 4 anni ho vissuto di calcio prima in Molise e poi a Ischia, è stata un esperienza fantastica, era una sorta di professionismo, ci allenavamo 6 giorni su 7 mattina e pomeriggio, e mi davano uno stipendio e l’alloggio. Poi in me è cresciuta la consapevolezza che nel calcio oltre la bravura ci sono tante componenti che ti servono per fare il salto importante nel vero professionismo e probabilmente io non ero così pronto. Così sono tornato al nord ancora in Serie D, ma dopo che sono andate male alcune cose a livello societario e avendo forte senso di responsabilità sul lavoro, ho iniziato a mollare alle prime difficoltà e preferito scendere di categoria. 
 
Scendere di categoria vuol dire un minor impegno in termini di ore settimanali e quindi più tempo libero dopo il lavoro, è in questo periodo che hai iniziato ad allenare?
 
Più o meno, infatti durante l'estate avevo iniziato a fare qualcosa al Milan Camp di Cimiano coinvolto dal mister che avevo avuto a San Giuliano, ma poi lavorando a Milano e giocando in Eccellenza in Liguria non era semplice seguire una squadra durante l'anno. La stagione successiva, invece avevo iniziato a seguire una squadra di piccoli della società per la quale giocavo in Promozione, ma poi con il cambio di lavoro ho dovuto lasciare sia il ruolo da allenatore che quello da portiere. Un vero colpo al cuore.
 
Immagino le difficoltà del periodo, soprattutto per uno che fino ad allora aveva vissuto di pane e calcio, poi è arrivato il Cassina Calcio... 
 
Vivere senza calcio è stata una grande sofferenza, una situazione che ho faticato ad accettare, ma quando ormai avevo imparato a conviverci è arrivata questa opportunità a Cassina de’ Pecchi, la prima vera da allenatore dei portieri. Qui ho trovato un gruppo speciale e una società fantastica dove si poteva parlare di calcio, il primo anno a causa di sfortunate circostanze come l’infortunio a Samuele Valerio sono tornato anche a giocare qualche partita e a provare emozioni che non vivevo da molto tempo.
 
Sei partito allenando i portieri della Prima Squadra, poi hai aggiunto anche quelli della Juniores, gli Allievi e anche qualche seduta con i più piccoli. Si vede che hai molta passione per questo sport, come ti trovi nel ruolo di allenatore dei portieri?
 
Allenare mi piace da matti, il mio obiettivo è trasmettere, oltre le qualità tecniche e gli insegnamenti che ho ricevuto nel corso degli anni da portieri e allenatori di alto livello (anche ex professionisti), ciò che ritengo possa davvero fare la differenza: l’aspetto motivazionale. A parer mio la questione mentale è tutto, oltre alle doti tecniche sicuramente in un portiere deve esserci una forte componente mentale legata all’approccio alla partita. Purtroppo però non sempre si trovano ragazzi pronti ad accettare determinati metodi di apprendimento. Alle nuove generazioni, e per fortuna solo in alcuni ragazzi che alleno, manca proprio il senso del lavoro con il sudore e la fatica, il rispetto delle gerarchie, e soprattutto dell’abnegazione nell’ottenere ciò che uno vuole. Con la mia esperienza ho capito davvero che ciò che fa la differenza è proprio l’andare a curare quel dettaglio che può farti migliorare e che ti permette di essere quella persona su mille che c’è la fa.
 
Purtroppo la pandemia che stiamo vivendo ormai da un anno e ci tiene spesso lontano dai campi può avere gravi ripercussioni sui nostri ragazzi, quale consiglio daresti a loro?
 
Questa situazione che stiamo vivendo è davvero triste, ho avuto modo anche di rapportarmi con i ragazzi che sto allenando e sentire che manca il campo, il socializzare, tutto quello che è l’allenamento, è difficile da accettare. Immagino cosa sarebbe significato per me alla loro età uno stacco totale dal calcio, una vera tragedia che probabilmente non avrei nemmeno contestualizzato. Ora però non bisogna mollare e tenersi in forma mantenendo un certo tipo di alimentazione e curare il proprio fisico, questo lo dico anche per esperienza personale visto che anch’io ho commesso degli sbagli in passato che mi hanno portato a convivere con problemi alla schiena.
 
Quest’anno festeggeremo il decennale della nostra Società, qual è il ricordo più bello che hai della tua esperienza al Cassina Calcio?
 
L’evento più bello è stato senza dubbio la vittoria della Coppa Lombardia, dopo aver toccato il fondo ed essermi ritrovato senza calcio, tornare a giocare e conquistare un trofeo così importante, giocando anche da titolare la fase finale della competizione, è stata un’emozione fantastica.
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